giovedì 18 agosto 2016

BRICIOLA SECONDA - DOPO CRACOVIA 2016

Dimentico, man mano che i giorni passano, che cosa mi ha scosso a Cracovia, quando scoppiavo in lacrime perché ce n'era bisogno e basta. Dimentico, ma solo perché non mi va di ricordare, questa è la verità: sotto sotto so per certo di poter tornare a quel sentimento doloroso, quel dilaniarsi che si strappava dentro di me, ma 'non ne h voglia'. Mi sto assuefacendo alla non-memoria, sto tralasciando tutto perché … non lo so. Non lo faccio nemmeno con coscienza. Avviene e basta, senza che qualcuno ci si debba impegnare.
Non c'è molto da dire, né da fare, né da sperare: tornerò alla solita vita di prima, con quei problemi che avevo prima, quasi che non sia mai esistita Cracovia, quasi che le parole che ho sentito laggiù sparissero adesso, come un niente, come un granello di polvere annegato in una bacinella d'acqua. Sparisce tutto. Non mi ci impegno nemmeno. Sta passando e non me ne accorgo. Sta correndo via e non serve più a nulla.
Ho versato quelle lacrime inutilmente. Inutilmente? Sì, alla fine davvero inutilmente.

Vorrei combattere e reagire. Ma non succede. Forse non lo voglio davvero: in fondo il mio solito disastro è il mio comfort, lo conosco, è mio. Che stupidaggine.

martedì 16 agosto 2016

ATTIMI II

Mentre tutti pensavano a finire, con non poca fatica, i pisellini - quelle schifezzine verdi che chissà chi aveva deciso di mettere nel piatto! - c'era un bambino che, seduto a capotavola, in un angoletto della mensa, guardava il piatto, già vuoto (lui non si faceva troppi problemi a mangiare le verdure). Fissava la forma che s'era creata quando il sughetto della bistecca s'era mescolato con l'acqua dei pisellini. Era imbambolato, completamente perso in quella figura tutta informe. Sembrava impegnato a guardare un film.

Un cane corse per il paese e passò davanti al balcone della loro casa. Seduto, quel bimbo guardava i suoi mattoncini, sognando che forma potevano assumere tra le sue mani - e ancora non aveva bene capito che forma avessero in realtà! Sollevò lo guardo sulla bestia e lo fissò incredulo. Non sapeva di essere incredulo, ovviamente. Non si accorse nemmeno di averlo guardato. Poteva costruire una casa, con quel pezzo!

Dieci agosto. San Lorenzo. La memoria uccideva ancora il padre di quello che sarebbe poi diventato Pascoli, e tutti correvano a cercare uno straccio di cielo buio, senza le luci delle case e delle città. Io  pure cercavo uno spettacolo da vedere, pronto a perdermi di fronte al bello. Aprii pagina trecentoottantanove.

Dormiva sereno, con la boccuccia semiaperta. Non importava il rumore del mercato, i balzi che la carrozzina continuava a fare, le borse che di tanto in tanto sbattevano contro l'intelaiatura, la madre che ogni due secondi inchiodava all'improvviso, interessata da quei bei taglieri in legno d'ulivo o da quei pile dai colori terrificanti; non importava. Beato lui dormiva, con la boccuccia semiaperta e le manine rivolte verso il cielo. Solo questo spuntava dalla copertina: le manine rosee e cicciottelle e la sua faccia  rotonda.

Un mostro dalle mille braccia, tutti bracci sinistri!, si sollevò da quel liquido strano, denso e grigio. Sollevandosi mostrò di avere anche un'enorme bocca da rana, tutta incoronata da denti affilati e lunghissimi. Il suo corpo si rivelò essere un abnorme bozzo informe da cui spuntavano sette zampe da toro e quattro ali ampie. Si alzò in volo sopra quel liquido dall'odore putrido, rivoltante iniziò ad avanzare verso di noi. Garfagald sguainò la spada e urlò, pronto a combattere fino alla morte. Io estrassi la mia di spada e alzai lo scudo davanti al mento: sarebbe stato inutile ma … mi svegliai. è ora di andare, sei già in ritardo!!


Mi guardai attorno, felice del mio primo trenta e lode: tutti seduti senza voglia, qualcuno in piedi a dondolare assieme alla metro. C'era, qua e là, un sorriso, una voce rapida che parlava al telefono, ma nessuno era lì. Nessuno era lì. Tutti passavano.

martedì 9 agosto 2016

I MIEI PIEDI

Mi sono accorto di una cosa, quest'oggi. Stavo leggendo un libro - e no, non cederò a rivelare il titolo di questo libro, perché è una di quelle cose che si confidano al diario, a un amico speciale al massimo - e mentre leggevo il sole caldo mi scaldava i piedi: in montagna fa freddo se stai fermo al chiuso, in una casetta un po' troppo umida ma che è la stessa da vent'anni e non riesci proprio ad abbandonarla per una in una posizione migliore, meno incassata nella montagna. Allora quando il freddo diventa vero e proprio fastidio, e ti innervosisce non riuscire a scaldarti neanche con del tè o una pesante coperta di lana, beh, non puoi fare altro che metterti sul  balcone e aspettare. Io faccio da tanto tempo così: metto la mia seggiola proprio sulla porta, a metà tra il dentro e il fuori, così ho la testa all'ombra  e il libro non viene "bruciato" dal sole, ma i piedi stanno là, a prendersi i caldi raggi solari. Lì - devo ammetterlo - è proprio una bella sensazione, un lieto vivere che mi fa pensare che in paradiso ci si senta così, come quando i piedi gelidi iniziano a scaldarsi: è come vedere un cubetto di ghiaccio sciogliersi nelle calze, ma non lo vedi, lo senti e quel sentirlo nel tuo corpo, in qualche modo, è proprio come vederlo, è come immaginarselo in una maniera poetica, ma non te lo stai immaginando!!
Dicevo, comunque, che in questa condizione - piedi al sole e testa all'ombra, con in mano un libro - ho scoperto una cosa, mi sono accorto di qualcosa. Descrivo sempre le stesse cose. O meglio: c'è sempre il sole, sempre fa caldo e sempre la natura fa casino, cioè è rigogliosa, non viva, ma stra-viva. Sempre sempre sempre! Non capita mai che il paesaggio si riduca a un po' di inverno gelido e basta.
"Ma che assurdità! Ma non è assolutamentissimamente vero!" Mi ha risposto una voce dentro, quella parte logica e razionale che ancora sopravvive e che, ogni tanto, riesce a farsi sentire tra le grida dell'insensatezza. Peccato che la mia parte non troppo raziocinante abbia zittito quest'altra dicendo: "Taci: usi sempre anche la parola assurda 'assolutamentissimamente'! Taci!".
Sì, è proprio vero: ricado così spesso nelle mie solite dinamiche, in quelle poche cose che conosco e che mi pare non mi stanchino mai. Mi va così poco di vedere un bel cielo autunnale, con quel sole strano, quasi assente, che brilla lontano sugli alberi via via più impauriti? Non capita mai di desiderare un giardino in primavera, quando senti il marcio dell'inverno che riscopre cosa significa battere di vita, avere un cuore pulsante? è strano davvero. E poi quell'avverbio folle! Assolutamentissimamente. Che diavolo potrebbe voler dire? Sì, adesso che ci penso non so neanche perché mi piaccia così tanto. Perché riempie la bocca, forse. Mi è sempre piaciuto riempirmi la bocca di baggianate.
Ritorno sempre lì, a quel paesaggio d'estate, quando il sole è caldo e dà fastidio agli occhi - ai miei moltissimo! Ritorno sempre a quel caldo soffocante, anche quando viene mitigato da una leggera brezza, anche quando è soltanto afa e non più calore, quando è umidità pesante  o brucianti raggi di sole assassini.
Anche adesso: soltanto su un balcone, con i piedi al sole d'estate, mi sono accorto di questo. Al sole. I miei piedi. Quante volte parlo dei miei piedi? Moltissime volte anche questo!
"Ma cosa dici? Saranno due volte che tiri in ballo i piedi!!"
Ah. Stavolta cosa rispondi, parte irrazionale, un po' folle? "Eh.. niente" Oh, che meraviglia: sta zitta per una volta! Ma perché adesso ho tirato in ballo anche i piedi? Ah, già, stavo dicendo di quando mi sono accorto di essere un nastro inceppato, un disco che ritorna sempre sulla solita traccia, un'unica canzone che si ripete in loop per ore e ore senza mai fare una pausa. Anche questa è una cosa che mi ha sempre, per così dire, caratterizzato. Un po' un marchio di fabbrica, la mia Z di Zorro! Di solito prendo una canzone e via, la ascolto e la riascolto per ore e ore, giorni e giorni, finché non ne ho la nausea, finché non ricordo ogni minima nota, ogni respiro. Un po' ossessivo.. Ma la mia vera ossessione sono i piedi! Uh, sì, i piedi! Non che io sia un feticista, uno di quelli che si eccita quando vede, tocca, o addirittura lecca dei piedi, no! Io ho un unico tallone d'Achille, e quel tallone sono i miei piedi! Ironia? No, neanche un po': sono la parte più delicata di tutto il mio corpo, quella parte di me che mi preoccupa, cui penso, ogni tanto. è sicuramente colpa del dolore, delle fitte che mi vengono spesso ai lati e a volte sotto, sulla pianta. Sì, è così, ma anche se non fosse così, il motivo non mi importa: i miei piedi sono importanti.
Ma come diavolo parlo?! Come faccio a spiegarmi? Soprattutto, adesso che ho parlato come un pazzo furioso, come posso chiarire, con un po' più di senno, quello che volevo dire? Non lo so davvero. Beh, la frittata è fatta e non c'è molto altro da dire, se non che, che il mondo lo capisca o meno, io ai miei piedi tengo tanto, tantissimo. E ciò è assolutamentissimamente vero! Ah, caspita, di nuovo!! "Ritorni sempre sulle solite cose, sempre a ripetere le solite baggianate insensate e senza interesse alcuno per nessuno, probabilmente neppure per te!"

No, no questo no, mia cara parte folle di me: dei miei piedi, almeno di questo, mi interessa eccome, mi interessa assolutamentissimamente.

martedì 2 agosto 2016

DUBBIO - briciola prima - dopo Cracovia 2016

Dubbio.
Fondamento e tormenta
di tutto,
grava e sostiene
lei -
la speranza.
Dubbio.
L'unico motivo per
credere.

Parole nate all'ungaretti (un ungaretti giovane e acerbo, ma saggio e dolcissimo), come se fossero state scritte sulla carta delle munizioni di guerra. Parole separate e concentrate. Dentro si scuote una tormenta, una tempesta che sconvolge ogni certezza, sbrindellando i pochi stracci che erano stati riordinati nel mio animo. Eppure quell'assurda violenza è l'incomprensibile forza che mi sostiene adesso, che mi regge in piedi, capace di sorridere sempre dinanzi alle richiesta. Non sono un santo, non sono un servo, ma quell'unico male e bene che c'è in me, quel dubbio mi muove. 
Sono sconfitto, prostrato dalla stanchezza e dalla fatica (non quei mali fisici che si lamentano così spesso, ma quelle mancanze spirituali che troppe volte ricerchiamo), eppure, in tutto ciò, sento qua, nelle narici, un profumo di vittoria, l'aria del vigore e del coraggio. Il dubbio. In questi anni mi sono accorto che è proprio il dubbio a muovere la mia anima. è vero, me lo dicono in tanti, ma è capirlo che ti dà una qualche certezza, una sicurezza anche se apparentemente instabile. Nella mia giovane vita, nella mia breve esperienza nel mondo riscopro che è stato il dubbio a rimettere in moto una speranza spenta, un'incomprensione antica. Quest'incomprensione - è evidente! - non è stata risolta, non sembra volersi sciogliere nemmeno, ma è nel dubbio che tale speranza si riattiva, ravviva. è fede. L'unico motivo per credere. E parole come quelle che ho sopra scritte non sono altro che la descrizione semplice e chiara di ciò che complesso e cupo avviene dentro. Tali parole non comprendono, non intendono affatto l'essenza di quel dubbio, ma chiariscono all'anima mia che non devo cedere, che devo perseverare nel ricercare quel dubbio, nell'indagarlo e nell'abbracciarlo con tutto me stesso, perché solo in un simile dubbio si possa scoprire la via dell'affidamento completo, totale, assoluto a un amore vivo e fermo, sicuro, benché diverso da molte rappresentazioni che dell'amore abbiamo creato.